Dieta Mediterranea

DIETA MEDITERRANEA

È stato il biologo – fisiologo americano Ancel Keys, che negli anni settanta attraverso il libro pubblicato Mangiare sano per vivere meglio spiegava al mondo come mai in alcuni Paesi la popolazione era più longeva: il consumo equilibrato di tutti gli alimenti naturali, frutta, verdura, cereali riducendo il consumo di grassi saturi, carni e dolciumi. In particolare Keys, battezzò questa dieta come Mediterranea, in quanto erano i Paesi del sud Europa e nord Africa che adottando queste abitudini alimentari presentavano un tasso di mortalità per patologie cardiovascolari più basso rispetto al resto del mondo.

Peccato che da allora, anche in Italia, la dieta mediterranea sia entrata in competizione con modelli alimentari tipo fast food: la crescente industrializzazione alimentare ha orientato il processo di produzione, preparazione e di distribuzione degli alimenti fornendo soluzioni alimentari di più facile accesso a scapito di un corretto equilibrio alimentare. L’attuale modello sociale essendo fondato sul capitalismo economico è da tempo espressione di una consolidata incoerenza tra i principi che regolano il diritto alla salute dettati dall’OMS e l’offerta economica.

Nel corso degli anni, per rendere più semplice informare ed educare le persone, diversi sistemi di educazione sono basati sul concetto della piramide alimentare, costruita secondo i canoni della dieta mediterranea, mettendo alla base gli alimenti da assumere con maggior frequenza e al vertice quelli di cui andrebbe fatto un consumo ridotto. In particolare alla base troviamo alimenti ricchi in nutrienti tipo vitamine, sali minerali, acqua, fibra (alimenti di origine vegetale) e con bassa densità energetica. Salendo si trovano gli alimenti di origine animale e a densità energetica crescente.

 

 

Lo schema della piramide deve essere integrato con raccomandazioni che completano il corretto stile di vita (la quantità di acqua da bere e il tempo dedicato alle attività fisiche).

 

Studi sulla dieta mediterranea

Il primo studio, diretto da Keys negli anni settanta, fu definito “Seven Country Study”, condotto in sette nazioni (Giappone, Grecia, Iugoslavia, Italia, Olanda, Stati Uniti e Finlandia). Questo studio fu disegnato per valutare l’incidenza dell’infarto del miocardio in Paesi che avevano diete molto diverse fra loro.

Da questo studio epidemiologico, ad oggi molte ricerche hanno analizzato le caratteristiche e le associazioni tra stile alimentare adottato e insorgenza di malattie croniche. È interessante notare che una ricerca condotta sul database scientifico PubMed, in un arco di tempo di tre mesi, evidenzia la presenza di circa 70 pubblicazioni scientifiche di cui il tema principale è la dieta mediterranea. Tali pubblicazioni presentano i risultati di ricerche cliniche o epidemiologiche nelle quali l’aderenza alla dieta mediterranea si traduce in benefici misurabili in diverse aree dell’uomo che includono condizioni metaboliche, prevenzione delle patologie cardiovascolari, neurologiche, respiratorie, oncologiche. L’aderenza alla dieta mediterranea, produce una significativa riduzione dei tassi complessivi di mortalità nella popolazione, soprattutto decessi causati da malattie cardiovascolari e tumori. Si sottolinea il fatto che la dieta mediterranea rappresenti un fattore protettivo in qualsiasi fascia di età o condizione fisiologica dell’uomo.

In conclusione, il modello alimentare mediterraneo deve essere considerato il punto di riferimento di una corretta alimentazione e che ad esso dovrebbero essere associati stili di vita salutari.

È per questo che l’UNESCO (organizzazione nelle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura) ha proclamato, lo scorso 16 Novembre 2010, la Dieta Mediterranea come patrimonio culturale dell’umanità.

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