“Diete” a confronto: quale scegliere?

“DIETE” A CONFRONTO: QUALE SCEGLIERE?

PREMESSA

Spesso ci troviamo di fronte alla ricerca della dieta miracolosa che ci possa far dimagrire velocemente e con il minimo sforzo.

Considerando che sovrappeso – obesità e patologie metaboliche (cardiopatie, diabete, tumori, ecc.) possono essere spesso una la causa dell’altra, l’aumento ponderale è una condizione in continuo aumento a livello globale confermandosi tra i principali problemi di sanità pubblica del XXI secolo. Ciò ha dato il via ad uno scenario che ha favorito il moltiplicarsi di “diete” che promettono risultati rapidi e definitivi, accolti favorevolmente dal pubblico, ma non dalla comunità scientifica molto debole dal punto di vista mediatico rispetto alle mode alimentari. Queste ultime, sempre squilibrate dal punto di vista nutrizionale possono dare conseguenze negative sullo stato di salute oltre a non garantire il mantenimento della perdita ponderale nel lungo periodo.

DISCUSSIONE

Per chiarire tutto ciò, la ricerca analizza continuamente i diversi stili alimentari, per valutarne l’efficacia sia sul calo ponderale, ma soprattutto sulle conseguenze fisiologiche nell’uomo.

Di seguito elenco gli approcci dietetici più comuni.

Diete low-carb: assunzione in carboidrati al 26% delle calorie totali giornaliere nettamente inferiore rispetto ad almeno il 45% consigliato dai LARN (livelli di assunzione di riferimento di nutrienti ed energia). In questo modo è inevitabile l’aumento degli alimenti ricchi in proteine.

Diete iperproteiche: incremento dell’assunzione di proteine (generalmente a scapito di carboidrati) ad oltre il 20-25% delle calorie complessive giornaliere. Considerate che i LARN consigliano di non superare il 10 – 15%; questo tipo di alimentazione viene spesso praticata da chi pratica attività fisica in modo costante e vuole accrescere la massa muscolare prediligendo alimenti ricchi in proteine, soprattutto di origine animale e con la supplementazione di integratori proteici.

Diete ipolipidiche: restrizione dell’assunzione di grassi, inferiore del 30% delle calorie complessive.

Dieta paleolitica: prende il nome dalle abitudini dell’uomo paleolitico e consiste nell’uso esclusivo di alimenti derivanti da caccia, pesca e raccolto di vegetali spontanei e quindi non trattatati, escludendo i derivanti da pratiche agricole, il frumento, i legumi, i latticini e gli alimenti processati.

Diete a basso indice/carico glicemico: limitazione degli alimenti ad alto indice/carico glicemico, come alcuni vegetali e alcuni tipi di frutta.

Digiuno e/o digiuno intermittente: restrizione calorica in determinate giornate o fasce orarie, alternata a periodi di normale assunzione di cibo.

Dieta mediterranea: elevato consumo di alimenti di origine di origine vegetale (verdura, frutta, legumi e cereali), olio d’oliva come principale fonte di grassi, moderato consumo di pesce, uova, latticini e vino (solo durante i pasti), e basso consumo di carne.

Dieta nordica: consumi elevati di pesce e alimenti di origine vegetale (cereali integrali, semi oleaginosi, patate, radici e bacche) e limitati di carne e uova, olio di canola come principale fonte di grassi, grande attenzione alla stagionalità e provenienza locale dei prodotti.

Diete vegetariane: consumo prevalente o esclusivo di vegetali, con esclusione solamente di carne e pesce (vegetariana) o con esclusione di qualsiasi alimento di origine animale, compresi latticini, uova e miele (vegana).

Dieta DASH (Dietary Approaches to Stop Hypertension): riduzione drastica dell’apporto di sodio, consumo di abbondanti quantità di frutta e verdura, assunzione adeguata di cereali integrali, legumi, pesce azzurro e frutta secca oleosa, riduzione del consumo di carni rosse e zucchero e abolizione di cibi conservati sotto sale o affumicati.

Dieta portfolio: a base vegetale, comprensiva di alcuni grammi di steroli vegetali, di fibre viscose (avena, orzo, psillio, legumi, melanzane, okra), di proteine vegetali e di noci.

Dieta chetogenica: regime alimentare che predilige l’assunzione di lipidi e proteine quali carne, uova, pesce limitando l’apporto di carboidrati solo a quelli della frutta e verdura.

Dieta a zona: ogni pasto deve soddisfare la ripartizione calorica nel 40% in carboidrati (provenienti la frutta e verdura), 30% in proteine (soprattutto di origine animale) e altre 30% in lipidi (prevalentemente grassi saturi).

Dieta Dukan: niente carboidrati e tante proteine. Prevede 4 fasi, 2 per dimagrire e 2 per stabilizzare il peso.

Dieta tisanoreica: è un tipo di dieta proteica definita anche chetogenica che prevede l’eliminazione totale di ogni fonte in carboidrati per tutta la prima fase utilizzando solo lipidi e proteine.

Dieta dissociata: prevede l’utilizzo di carboidrati a pranzo e proteine a cena usando ad ogni pasto principale la verdura ma non la frutta.

Dieta Atkins: si divide in 4 fasi dove nella prima fase si usano solo proteine animali e poche verdure, nella seconda fase si aggiungono frutta secca, semi, formaggi e frutta, nella terza si inseriscono patate, legumi e farine integrali, mentre nell’ultima fase si va verso una dieta completa.

La ricerca afferma che, a prescindere dal tipo di dieta utilizzata, la riduzione dell’apporto energetico si traduce sempre in una perdita di peso. L’effetto sui fattori di rischio cardio-metabolico, epatico, renale, ecc. appare, invece, più eterogeneo. Alcuni dei modelli alimentari analizzati, infatti, hanno evidenziato possibili effetti collaterali, in particolare sul profilo lipidico e non solo. Dalla descrizione, anche se superficiale, di ogni approccio alimentare sopra elencato, si può notare come quasi tutti i piani dietetici sono su base iperproteica perché hanno effetti veloci sul dimagrimento; vediamo di seguito nello specifico come avviene e le varie conseguenze. Le diete iperproteiche fanno dimagrire velocemente perché accelerano il metabolismo, stimolano la lipolisi, mantengono inalterati i livelli di insulina, stimolano i processi catabolici che bruciano energia aumentando sia il metabolismo basale (energia necessaria per espletare le funzioni vitali dell’organismo) e sia la termogenesi indotta da dieta (energia spesa per digerire gli alimenti), favorendo così il dimagrimento: tutto questo può sembrare positivo, invece?

Lo svantaggio principale di una dieta iperproteica consiste nella perdita di massa magra (muscolo e acqua) in quanto la carenza o la totale assenza di carboidrati per molto tempo costringe l’organismo a ricavare energia dalle riserve di glicogeno (fonte di glucosio) presenti nel fegato e nei muscoli, e ne costruisce altre a partire dalle proteine alimentari. Tale processo porta alla formazione di scarti, difficili da smaltire.

L’acido urico prodotto, quando si ingeriscono molte proteine, se non smaltito attraverso le urine può portare alla formazione di calcoli, sfatando il concetto che l’acqua minerale porta alla formazione di calcoli.

Tra l’altro, la degradazione delle proteine determina la formazione di ammoniaca, una sostanza tossica per il nostro corpo che viene eliminata sotto forma di urea grazie alla cooperazione di fegato e reni (quindi, più proteine mangiamo, più ammoniaca si forma e più facciamo lavorare il nostro fegato ed i nostri reni).

Riducendo drasticamente i carboidrati e anche le fibre si rischia di peggiorare la regolarità intestinale causando stitichezza e disbiosi intestinale. Possono comparire sintomi come il mal di testa, disturbi dell’umore, disordini del ciclo mestruale, alito cattivo, oltre all’aumento di colesterolo e trigliceridi per maggior consumo di alimenti di origine animali. Sappiamo bene che l’aumento di grassi (soprattutto grassi saturi dovuti all’utilizzo di alimenti di origine animale) nel sangue porta a patologie cardiovascolari.

Durante il metabolismo delle proteine si liberano molecole chiamate ammine che si legano ai nitriti, sostanze presenti in molti alimenti (anche nell’acqua) sia naturalmente che come conservanti, formando nell’apparato gastrointestinale le nitrosammine, prodotti altamente cancerogeni.

Nelle diete iperproteiche si formano corpi chetonici (dieta chetogenica): aceto-acetato, il beta-idrossi-butirrato e l’acetone. La loro sintesi avviene nel fegato quando la dieta è sbilanciata, ricca in grassi, bassa percentuale in carboidrati, nel digiuno e dopo uno sforzo fisico intenso. Queste molecole aumentano lo stato infiammatorio dell’organismo, condizione che può causare diverse patologie. Se tale regime alimentare viene protratto nel tempo (per oltre 30 – 40 giorni circa) il cervello, i globuli rossi ed il midollo osseo che normalmente sfruttano il glucosio come carburante iniziano ad usare corpi chetonici per ricavare energia, compromettendo la salute.

Tali regimi sbilanciati portano a carenze vitaminiche e in minerali che non possono essere colmati dall’utilizzo degli integratori in quanto tali micronutrienti hanno una elevata biodisponibilità quando vengono assunti  dagli alimenti.

Possiamo concludere che sarebbe meglio non seguire tali approcci dietetici per lunghi periodi date le conseguenze negative sulla salute dell’organismo; ancora meglio sarebbe se non ci affidassimo affatto.

Tra tutte le diete analizzate solo la Dieta Mediterranea risulta la più bilanciata, in quanto prevede l’utilizzo di tutti i gruppi alimentari, cereali, legumi, verdura, frutta, olio di oliva. Risulta uno stile che può essere seguito per tutta la vita, utile per la gestione del peso nel lungo periodo (il calo ponderale è molto lento, come è giusto che sia) e per prevenire l’insorgenza di diverse malattie: cardiopatie, ipertensione, diabete, tumori. Questo metodo, rappresentato dalla piramide alimentare, è stato inserito dall’UNESCO come patrimonio culturale immateriale dell’umanità nel 2010.

Infine, il regime mediterraneo, diversamente da tutti i precedenti è sostenibile sia economicamente che come impatto ambientale; invece, le diete iperproteiche sono molto più dispendiose ed hanno un’emissione elevata di CO2 nell’ambiente, aumentando il tasso di inquinamento.

Concludo menzionando uno studio portato avanti da un gruppo di ricercatori del SINU nel 2020: “Effects of Popular Diets on Anthropometric and Cardiometabolic Parameters: An Umbrella Reviews of Meta – Analyses of Randomized Controlled Trials”. Si tratta di una rassegna sistematica di oltre 80 articoli per un totale di 500 meta – analisi valutando non solo i parametri antropometrici (quali peso e indice di massa corporea) ma anche i fattori di rischio cardio-metabolico (livelli ematici di colesterolo totale, Ldl, Hdl, trigliceridi, glucosio, insulina, emoglobina glicata e pressione arteriosa). Hanno confrontato 11 diete tra le più popolari, nello specifico le prime sopra elencate, confermando che la dieta mediterranea è la più bilanciata e la migliore per gestire il peso e per prevenire le malattie cronico – degenerative.

 

 Bibliografia

  • Luglio 2020 di Advanced in Nutrition è stata pubblicata la Ricerca“Effects of Popular Diets on Anthropometric and Cardiometabolic Parameters: An Umbrella Review of Meta-Analyses of Randomized Controlled Trials”
  • La dieta mediterranea – Elisabetta Moro – il Mulino Saggi
  • Il cibo dell’uomo – Franco Berrino – FrancoAngeli